Le indulgenze: note riguardanti il loro sviluppo e il loro significato

Veröffentlicht von Markus Tymister

  • Un punto di partenza e di arrivo: can. 992, CIC 1983:
    • “L'indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, dispensa ed applica autoritativamente il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi.
  • Tre domande cui bisogna rispondere:[1]
    • Significato di “pena temporale per i peccati”?
    • In che senso dio può rimettere la colpa, ma rimane ancora una “pena”?
    • Che cosa si intende con “tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi”?
       
  • Il termine “indulgentia”?
    • Originariamente significa “assoluzione”, “remissione”; nell’ambito civile usato anche per la liberazione degli schiavi…
    • Applicato al concetto di “indulgenza” come lo conosciamo oggi, solo dal sec. XIII in poi.
  • Le “indulgenze” non sono di origine divina ma sono una consuetudine ecclesiastica, nata dal regime penitenziale in stadio tardivo.
  • Un primo presupposto:
    • La penitenza tariffata medievale
      • con le sue penitenze esuberanti e difficilmente da espletare
      • due soluzioni del problema:
        1. Le commutazioni.
        2. L’appoggio della Chiesa tramite intercessione e penitenza vicaria.
          • Già nel sec. III si credeva nel “privilegio dei martiri” (cf. S. Cipriano e il problema dei lapsi): tramite la loro intercessione, il vescovo poteva condonare al penitente una parte del tirocinio penitenziale.
          • E’, però, sempre il vescovo che decide sulla possibile riconciliazione. Quindi il penitente, che aveva compiuto una parte della sua penitenza e per l’altra parte aveva ricevuto il “libellum” di un martire in cui questi gli assicurava la sua intercessione, si rivolgeva al vescovo, cui spettava la decisione circa la riconciliazione.
          • L’intercessione, quindi, non poteva mai sostituire interamente la penitenza ma la poteva alleggerire e abbreviare.
          • Tale intercessione aveva luogo sempre prima della riconciliazione.
          • L’introduzione della penitenza tariffata come nuovo regime penitenziale non cambiò niente alla fede nell’efficacia dell’intercessione. Solo che, adesso, dopo il tirocinio penitenziale non era più necessaria la riconciliazione ufficiale e pubblica (o quando la penitenza tariffata si era prestata degli elementi rituali dalla penitenza pubblica, si assolve dai peccati prima dell’inizio del tirocinio penitenziale). Quindi il tirocinio penitenziale segue il processo ecclesiale ufficiale.
          • Anche nell’adempimento della penitenza dopo l’assoluzione dai peccati, la Chiesa aiuta sotto forma d’intercessione.
          • Dato che la cambiata concezione della Chiesa qui in terra, non ci sono più cristiani santi cui rivolgersi affinché intercedano, ci si rivolgeva di conseguenza ai Santi nell’aldilà e – qui in terra – ai vescovi, in quanto portatori del potere di legare e sciogliere, quindi intercessori autorevoli, la cui autorità garantiva l’efficacia della loro intercessione.
            • I vescovi facevano uso di questo “potere”, molto presto non solo in modo deprecativo ma anche in forma dichiarativa ovvero sotto la forma delle assoluzioniin cui dichiaravano il condono di una parte della penitenza da compiere.
            • Queste assoluzioni erano molto stimate. I vescovi, spesso, aggiungevano tali assoluzioni alle loro lettere private e ufficiali, a biglietti di auguri o. sim.
            • Presto si collegava l’assoluzione al compimento di un’opera buona, p. es.: il contributo alla costruzione di una nuova chiesa (in mano d’opera o soldi).
            • Dal sec. X in poi queste assoluzioni dichiarative furono accolte man mano nel rito della riconciliazione e all’assoluzione dai peccati (riconciliazione) si poteva aggiungere subito un’assoluzione come condono di una parte della penitenza. Un esempio si trova nel Pontificale Romano-Germanico, XCIX, 247: Si tratta di un testo bipartito. La prima parte è la richiesta, rivolta a Dio, di rimettere i peccati. Poi segue – la prima volta in un libro liturgico sotto forma dichiarativa – l’assoluzione (condono di – una parte – della penitenza): “Nos etiam secundum auctoritatem nobis indignis a Deo commissam, absolvimus vos ab omni vinculo delictorum vestrorum […].
              • Nasce la domanda, che cosa esattamente significa “ab omni vinculo delictorum”. Molti autori pensano l’espressione riferita a una assoluzione da una scomunica. Il rito presentato nel PRG nella sezione XCIX, che – nonostante che si tratti qui di riconciliazione pubblica – segue già l’idea di penitenza=soddisfazione dovuta a Dio, proveniente dalla penitenza tariffata, non presuppone, però, una scomunica precedente, dalla quale adesso si dovrebbe assolvere. La scomunica ufficiale (e di conseguenza l’assoluzione ufficiale dalla stessa) era diventata piuttosto un mezzo coercitivo per costringere il peccatore/criminale di sottomettersi al processo penitenziale ufficiale. L’assoluzione dalla scomunica si ha quindi prima dell’inizio del procedimento penitenziale (cf. PRG XCI). – Quindi i vincula delictorum si possono riferire unicamente alle penitenze dovute. – Invece non c’era riflessione teologica chiara su che cosa esattamente operavano queste assoluzioni. Dal testo di PRG XCIX,247 sembra una assoluzione plenaria, ma questa rimane una presunzione.
      • Quindi commutazioni secondo le tariffe in vigore in una certa regione e, assoluzione autoritativa dal vescovo (basata in origine sull’efficacia della sua intercessione) potevano essere di grande aiuto nel compimento delle penitenze inflitte.
    • Un secondo presupposto
      • Il passaggio alla “confessione auricolare”
        • Dato che il compimento della penitenza doveva seguire il processo ufficiale ed era molto alleggerito tramite commutazioni e assoluzioni, l’accento nel regime penitenziale dal sec. X in poi viene sempre più messo sull’atto di confessarsi, che diventa atto penoso e vergognoso e già in sé opera di penitenza. Per questi fattori, il tirocinio penitenziale perde sempre più il suo valore. Rimane, però, l’idea che a ogni peccato corrisponde una dovuta soddisfazione (= pena). Questa pena è da scontare sia qui in terra (con quel po’ di penitenza che rimaneva) e soprattutto nell’aldilà (purgatorio!).
        • L’idea della penitenza da espletare durante questa vita cede sempre di più il posto all’idea della pena temporale da scontare dopo la morte.
        • S’intravede, però, un legame tra la penitenza e la pena temporale nel purgatorio. Se si condonava una parte della penitenza in questa vita, si condona effettivamente anche una parte della pena temporale nell’aldilà.
        • Anche nella crescente paura del purgatorio la Chiesa può aiutare con la sua intercessione. Perciò, l’assoluzione, che condonava una parte della penitenza, aveva effetto anche sulla durata della pena temporale da scontare nel purgatorio.
  • Condizioni per l’efficacia dell’assoluzione (nel senso di 'condono di una parte della penitenza')
    • Il pentimento/la contrizione (la conversione) che si esprime in (almeno) un’opera penitenziale. Quindi l’assoluzione poteva condonare una grande parte della penitenza (e delle pene temporali) ma qualche opera penitenziale visibile ci doveva essere.
    • Già la partecipazione al una celebrazione liturgica presieduta dal vescovo (p. es. la dedicazione di una chiesa) in cui s’impartiva l’assoluzione, poteva essere una tale opera di penitenza. Spesso i vescovi aggiungevano condizioni particolari, oltre alla partecipazione nella celebrazione (soprattutto elemosine, soldi da dedicare alle chiese…).
    • Papa Urbano II era convinto che la partecipazione alla crociata (opera buona in favore e in difesa della Chiesa) condonasse TUTTA la penitenza (e di conseguenza TUTTE le pene temporali) per i peccati finora commessi.
      • Questa convinzione ha alla base una prassi politica: per una campagna militare il re aveva bisogno di soldati. Questi uomini si potevano reclutare anche tra i criminali condannati. Se partecipavano alla campagna, non s’imputava loro la colpa e dopo la campagna si potevano considerare uomini liberi.
         
  • Senza riflessione (teologica) precedente, nei sec. XI e XII l’assoluzione (= preghiera d’intercessione con efficacia non esattamente definita ma fatta in forma sempre più autoritativa) diventa indulgenza concreta con efficacia definita e dichiarata nel senso di condono parziale o plenario di penitenza e pena temporale.
     
  • Nei sec. XI e XII, i Papi concedono solo raramente delle indulgenze, mentre i certi vescovi addirittura esageravano. Il Conc. Lat. IV (a. 1215) condanna queste esagerazioni di vescovi che spesso cercavano di arricchirsi in questo modo. La Chiesa ufficiale, quindi, cerca di limitare molto la prassi delle indulgenze.
  • Come spesso, anche qui, la prassi precede la teologia.
    • Solo nella seconda metà del sec. XII, la scolastica comincia a occuparsi dell’argomento, per spiegare la prassi ormai in vigore.
      • I teologi rimangono scettici.
      • Infine accettavano l’idea perché non si voleva e non si poteva contestare la prassi dell’autorità ecclesiale che concedeva le indulgenze.
    • Tutti i teologi rilevano che non c’è automatismo. In ogni caso ci deve essere una penitenza visibile che corrisponde al peccato commesso. Il problema da risolvere era la pretesa di adeguatezza della penitenza che si vedeva compromessa tramite le indulgenze che oscuravano il nesso tra peccato e penitenza commisurata.
       
    • La bassa scolastica quindi sviluppa su questo sfondo la teoria del thesaurus ecclesiae:
      • Nel sangue di Cristo non abbiamo soltanto la remissione dei peccati (Mt 26,28) ma in esso è contenuta anche la soddisfazione per tutti i peccati di tutto il mondo e di tutti i tempi. (La passione di Cristo è talmente immensa che con essa è data la più completa soddisfazione a Dio.) Lo stesso vale per il sangue dei martiri che sono stati puniti al di sopra di ogni misura.
      • Questo fatto è considerato come un tesoro in possesso alla Chiesa e di cui essa può disporre liberamente.
      • L’efficacia del martirio non è nuova. L’intercessione dei martiri era sempre creduta di grande valore. L’idea nuova consiste nel fatto, che la Chiesa può disporre liberamente di questo tesoro. Quindi, ciò che una volta era preghiera d’intercessione, adesso diventa atto giuridico.
    • Per quanto riguarda l’indulgenza, quindi, non c’è più il problema dell’equivalenza tra peccato e penitenza. Ciò che la penitenza non riesce a compiere, adesso viene preso dal thesaurus ecclesiae.
    • S. Tommaso (ST Suppl. q. 25 a. 2 e ad. 1) di conseguenza può dire che, per lucrare l’indulgenza, l’opera di penitenza commisurata al peccato non è più la causa effectiva per la remissione della pena, invece l’opera di penitenza (anche non commisurata al peccata) è causa motiva per la Chiesa di aprire il thesaurus.
    • I teologi dopo S. Tommaso invece non lo seguono in questa teoria e continuano a chiedere un’opera di penitenza visibile come causa proportionata, per rilevare l’importanza del contributo morale proprio del penitente.
  • Un problema a parte, ma di grande portata: L’indulgenza per i defunti
    • N.b.: Ciò che una volta era preghiera di intercessione, adesso è diventato atto giuridico.
    • I teologi rimangono divisi e scettici: la Chiesa veramente ha giurisdizione anche sui defunti?
    • La Chiesa ufficiale, però, continua a offrire indulgenze che possono essere dedicate esclusivamente ai defunti.
    • Papa Sisto IV, nel 1476, concede un’indulgenza per i defunti in favore della cattedrale di Saintes.
      • Nominò commissario dell’indulgenza, il preposito del capitolo di Saintes (Raimondo Peraudi), il quale propaga l’indulgenza in tutti i modi, ponendo l’accento soprattutto sull’importanza dell’elemosina.
        • Contrariamente alla teologia ufficiale e interpretando male la dottrina della Chiesa, afferma che, per lucrare l’indulgenza, basta unicamente l’elemosina.
        • Dato che l’indulgenza è dedicata ai defunti chi la lucra,
          • non deve fare l’opera di penitenza
          • e non deve necessariamente essere in stato di grazia (confessione e comunione sacramentale).
    • Tale teoria pericolosa alla fine del sec. XIV e all’inizio del sec. XV è predicata e promulgata sempre più spesso, anche se la Chiesa ufficiale continua a rilevare l’importanza del contributo morale del singolo.
    • Infine contribuisce a scatenare la riforma di Lutero.
       
  • Un ulteriore dilemma mai risolto: I libri penitenziali con le loro penitenze esuberanti dopo il sec. XI spariscono, e con essi l’idea della penitenza misurabile in anni e giorni. L’idea di una penitenza ben definita in anni di digiuno o commutata in altre opere penitenziali tramite una tariffa ben definita rimane in vigore unicamente nella prassi delle indulgenze.
  • Il Concilio di Trento:
    • Pio IV era molto malato e, perciò, si voleva terminare rapidamente la 25a sessione del Concilio. Di conseguenza, i Padri di Trento non si sono occupati della teologia delle indulgenze che, peraltro, non è uniforme, ma hanno definito soltanto due punti disciplinari, nel decreto sulle indulgenze (Conc. Trident., sess. XXV, Decretum de indulgentiis (4 Dic. 1563), DH 1835):
      • “Il potere di conferire le indulgenze è stato accordato dal Cristo alla chiesa che, dai tempi più antichi, ha usato di questa facoltà a lei divinamente concessa [cf. Mt 16,19; 18,18]. Per questo il santo sinodo insegna e comanda di mantenere nella chiesa quest’uso, molto salutare per il popolo cristiano e approvato dall’autorità dei sacri concili, e colpisce con l’anatema quelli che definiscono inutili le indulgenze o negano alla chiesa il potere di concederle.
      • Tuttavia, desidera che nel concedere queste indulgenze si usi moderazione … per evitare che la troppa facilità nel concederle indebolisca la disciplina ecclesiastica. Desiderando poi emendare e correggere gli abusi che vi si annidano e in forza dei quali la bella parola indulgenza viene bestemmiata dagli eretici, col presente decreto stabilisce, in generale, la completa abolizione di tutti gli indegni traffici di soldi fatti per ottenerle. […].“
    • La dottrina del thesaurus ecclesiae non è mai stata definita.
  • Il Vaticano II:
    • Uno schema di testo proposto ai Padri che trattava le indulgenze non è stato accettato.
  • Paolo VI:
    • Nella sua Costituzione Apostolica Indulgentiarum doctrina del 1967, Paolo VI accoglie quello schema e si dimostra aperto verso una nuova definizione di “pena temporale”. (Qui si può trovare una chiave di lettura per una nuova interpretazione dell’indulgenza.)
    • Nel sec. XX, la teologia cattolica con Karl Rahner apre la porta a una nova definizione delle pene temporali.
      • Rahner si riferisce al pensiero di S. Agostino e di S. Tommaso che accennano alle reliquiae peccati, che rimangono dopo la remissione dei peccati.
      • Il peccato ha influsso sulla comunità umana, disturba e mette in crisi i rapporti tra gli uomini. Questa crisi di rapporti disturbati non termina automaticamente dopo l’assoluzione.
      • Perciò, le pene temporali sono le conseguenze temporali del peccato che gravano sui rapporti umani.
      • L’indulgenza, quindi, è il “sì” della comunità dei credenti (il “sì” della Chiesa come realtà soprannaturale che trascende il “sì” dell’uomo singolo ferito) al peccatore perdonato: “Sì, andiamo avanti con te.”
      • Qui, la Chiesa può concedere qualche cosa che il singolo non riesce a concedere: l’annullamento delle conseguenze temporali.
        • A questo impegno soprannaturale della Chiesa corrisponde l’impegno dell’uomo perdonato, consistente in:
          • Penitenza/riconciliazione sacramentale.
          • Opere di penitenza visibile commisurata (per il bene della comunità).
          • Atto di fede/”Credo” (Il mio “sì”.)
          • Sigillato con la partecipazione al banchetto comune (eucaristia).
             
    • N.b.: L’indulgenza intesa in questo senso, non può essere una specie di “annullamento autoritativo della sofferenza”, ma è il “sì” della comunità sofferente di continuare nonostante la sofferenza.
      • Un sì che scaturisce dal sì di Dio in Cristo all’uomo. – La Chiesa partecipa nella sofferenza del Figlio.
 

[1] E fondamentale lo studio di B. Poschmann, Buße und letzte Ölung (Handbuch der Dogmengeschichte 4.3), Freiburg 1951, 112-123. Tra gli studi più recenti si veda soprattutto il contributo di D. Sattler, «Ablass», in Neues Lexikon der katholischen Dogmatik, ed. W. Beinert – B. Stubenrauch, Freiburg 2012, 42-45.

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